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Intervento di Piero Fassino, sindaco di Torino e presidente Anci, sull’importanza di beni, eventi e progetti culturali: una “economia della conoscenza” su cui puntano sempre di più le città mondiali, e l’Italia è privilegiata dal suo patrimonio ma ancora in ritardo


La cultura come motore dello sviluppo delle città italiane, in un Paese il cui patrimonio culturale – è quasi superfluo ricordarlo – può essere un driver della crescita economica. A ribadire l’importanza della cosiddetta “economia della conoscenza e del sapere” è stato Piero Fassino, sindaco di Torino e presidente dell’Anci. Intervenendo all’evento organizzato per festeggiare i 70 anni dell'Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, Fassino ha dichiarato: “Per lungo tempo la cultura è stata considerata un soggetto ancillare ma questo senso comune dominante per anni fortunatamente e finalmente sta venendo meno. E io credo debba essere coltivato questo superamento a partire dalla considerazione che nell’economia globale la competizione non è solo tra imprese ma anche tra territori e che si offrono più possibilità di sviluppo, di lavoro e di crescita in territori che sono più densi di sapere, di conoscenza e di cultura. Più investi in cultura più arricchisci un territorio di una capacità attrattiva che riguarda anche investimenti lontanissimi dalla cultura stessa”.
Un settore, quello culturale, che secondo l’annuale ricerca di Fondazione Symbola ha un peso di 227 miliardi di euro per l’Italia, con un trend in crescita negli ultimi anni. Il sindaco torinese ha in tal senso rimarcato come tutte le più importanti città del mondo abbiano accresciuto i loro investimenti in questo settore. “L’economia della conoscenza e del sapere sono un punto di forza che in un Paese come l’Italia è ancora più evidente e forte” ha quindi detto Fassino, evidenziando come questa condizione ponga il nostro Paese in un contesto favorevole all’investimento culturale più di quanto non fosse nel passato.
Il sindaco di Torino ha poi sottolineato tre questioni fondamentali che si innestano nel dibattito sugli investimenti in cultura: approccio laico; risorse; normativa. “È manichea qualsiasi contrapposizione tra patrimonio culturale architettonico e la cultura sotto il profilo degli eventi. La cultura è un tutt’uno che tiene insieme diverse dimensioni e qualsiasi concezione snobistica non fa i conti con il fatto che oggi c’è una domanda di cultura tale che si deve essere capaci di fornire un’offerta a tutto tondo” ha spiegato il presidente Anci, che sul tema delle risorse ha definito fondamentale la messa in atto di “strategie che consentano di massimizzare l’utilizzo di risorse promuovendo partnership pubblico-privato che poggino su un quadro normativo e fiscale di riferimento, cosa che oggi spesso non c’è. Un grande sforzo culturale non può essere affrontato solo da risorse pubbliche, quando queste sono in ogni caso in diminuzione, quindi la costruzione di una partnership è fondamentale e richiede la predisposizione di una armatura normativa e di un sistema di incentivazione e fiscalizzazione funzionale”.
E proprio la necessità di norme al passo coi tempi sono state il fulcro della parte finale dell’intervento di Fassino: “Oggi lavoriamo in un mercato globale, quindi il tema annoso della tutela e difesa delle specificità culturali, della contraffazione e dei diritti autore è stata ed è tutt’ora figlia di normativa fatta quando il mercato era nazionale e il mondo era retto da economie protezionistiche. Oggi viviamo in un mondo in cui tutto è aperto e quindi abbiamo bisogno di un apparato di tutela, valorizzazione e sostegno adeguato e su questo siamo molto in ritardo”.

Pietro Martinetti 

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