Una domanda ricorrente nel dibattito sul turismo italiano. E una risposta possibile: perché in Spagna conoscono meglio il valore dell'accoglienza e dell'ospitalità

Il confronto tra Italia e Spagna, nel turismo, è diventato in breve tempo un "classico", un argomento ricorrente nei dibattiti sullo sviluppo del comparto turistico italiano.

"Com'è possibile cha la Spagna, che ha un patrimonio territorialee culturale inferiore al nostro, e una situazione di crisi economica persino peggiore, abbia più turisti di noi?" è una domanda che viene posta quasi quotidianamente. Come quasi ogni giorno arrivano spunti di riflessione che possono aiutare a rispondere a questo dilemma.

L'ultimo spunto, in ordine di tempo, arriva da Diego M. Stendardo, che racconta il suo punto di vista su Italians, la rubrica sul Corriere della Sera del noto giornalista Beppe Severgnini.  Stendardo, di ritorno da una vacanza in Andalusia, traccia in poche righe un quadro che delinea le differenze tra l'accoglienza italiana, considerata spesso di qualità scadente, e quella spagnola, valutata positivamente proprio per la propensione allo sviluppo e all'investimento frutto di una formazione e di un'attenzione autentica e costante nei confronti dei viaggiatori.

Caro Beppe, torno oggi dopo una vacanza di due settimane in Costa del Sol, Spagna, e leggo la lettera del sig. Melesi (“I russi e la ricevuta sul lago di Como” – http://bit.ly/10gDpQM) che lamenta come suoi ospiti russi a Como, dove risiedo, siano rimasti delusi dall’accoglienza, indicando la Spagna come meta preferita per gli investimenti dei nuovi imprenditori dell’est europa. Non posso che confermare come l’Andalusia, il meridione iberico, in soli due decenni sia stata protagonista di una straordinaria metamorfosi: da regione ad economia prevalentemente agricola è riuscita a sviluppare un settore terziario, basato principalmente sul turismo, che ora occupa il 67% della forza lavoro locale, con circa 30 milioni di visitatori ogni anno.

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