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La gaffe del presidente USA sulla storia dell'arte è grave, leggendo i numeri dei musei americani

Quotidianamente si costruiscono castelli di notizie su dichiarazioni e azioni di coloro che chiamiamo influncer: pensiamo a "i giovani che non trovano lavoro perché stanno bene a casa", alle feroci critiche che ha scatenato il pensiero di John Elkann.
Spesso però parole o azioni, fonte dopo fonte, si modificano, e articolo dopo articolo finiscono per essere lontane dai pensieri di chi le ha pronunciate o messe in atto. Il fenomeno è definito effetto Snowball Effect: più la notizia viene rimbalzata, più si allontana dalla verità.
Figurarsi cosa succede quando a parlare è il presidente degli Stati Uniti. A fine gennaio Barack Obama, nel corso di una visita a una fabbrica della General Electric, parlando di disoccupazione, aveva dichiarato: "La gente potenzialmente può fare molti più soldi con un impiego qualificato nel settore manifatturiero, che con una laurea in storia dell'arte". L'inquilino del 77 di Pennsylvania Avenue ha presagito immediatamente che le sue parole sarebbero state travisate e ha provato a correggersi: "Io amo la storia dell'arte, e non vorrei ricevere un mucchio di e-mail da tutti". Troppo tardi, perché Anna Collins John, docente di Storia dell'Arte alla University of Austin in Texas, aveva già impugnato la sua penna per scrivere al presidente, ricordandogli che l'arte è una chiave di lettura di storia, società, costumi, cultura e che allena lo spirito critico. Senza offendersi, il Presidente ha scritto di proprio pugno una lettera ad Anna, scusandosi con lei e l'intero dipartimento della facoltà.
La verità è che Obama, di fronte a una platea di impiegati, voleva tessere gli elogi della formazione professionale, invogliare chi ha più difficoltà a studiare, ricordare che imparando un mestiere più pratico e meno intellettuale si può intraprendere un percorso professionale fortunato che può regalare soddisfazione e aiutare a costruirsi la propria porzione di American Dream. Ma fare il "mestiere più complicato al mondo" espone parola per parola, azione per azione al pericolo dell'effetto snowball.
Obama, oltre ad inviare le proprie scuse ai dipartimenti di storia dell'arte delle università d'America, avrebbe dovuto indirizzare la comunicazione a direttori, dipendenti, filantropi, amici dei 17.000 musei d'America, che contribuiscono non poco al PIL americano grazie agli oltre 850 milioni di visitatori dell'anno 2012. The Economist ha descritto la trasformazione in atto nei musei del mondo, in America e globalmente; sir Nicolas Serota, direttore della Tate Modern di Londra, definisce il cambiamento in atto, i musei contemporanei cioè sono: "una tribuna oltre che uno scrigno pieno di tesori". La funzionalità dei musei che nei Paesi ricchi sono sempre più invasi da un pubblico eterogeno, mediamente istruito, si è rivoluzionata rispetto a quando Ives Gilman, segretario del Boston Museum of fine arts pubblicò il manifesto "Musei ideali: scopi e metodi" in cui spiegava che le opere devono essere apprezzate solo per le loro qualità estetiche: "Un museo d'arte è essenzialmente un tempio". La demolizione del tempio, scrive l'Economist, cominciò nel 1977 con l'inaugurazione del Centre Pompidou, il Beaubourg di Renzo Piano, in cui oggi due piani interi sono occupati da un'aula studio, con uno spazio dove seguire i network internazionali, una disco-teca, archivi di volumi e documenti di ogni disciplina. Kenneth Hudson, studiosa per il British Museum, ha pubblicato Museums of influence in cui definisce il cambiamento radicale nella funzionalità dei musei: "lo scopo universale dei musei è servire il pubblico". In America, il denaro per servire il pubblico, deriva da un misto di contributi pubblici e privati. I musei statunitensi godono da sempre del sostegno dei ricchi capitani d'industria e benefattori filantropi, ma anche degli sgravi fiscali dello stato. Nel 2012, 10 milioni di turisti dell'arte sono entrati tra Metropolitan, MoMA e Gugenheim a New York. Questa è matematica, non c'è effetto snowball: il presidente Obama si è già cosparso il capo di cenere.

 

Pietro Martinetti - Mailander

Twitter @pietromartinett

 

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(Nell'immagine, il ritratto di Obama opera dell'artista Obey Shepard Fairey)

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