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76 miliardi di euro e 1.400.000 occupati: sono questi i numeri che inquadrano l'importanza del settore culturale nell'economia italiana. È quanto emerge da "L'Italia che verrà: Rapporto 2012 sull'Industria culturale in Italia", stilato da Symbola e Unioncamere con la collaborazione e il sostegno dell'Assessorato alla cultura della Regione Marche.

I dati rivelati da questo rapporto, il primo a quantificare il peso della cultura nell'economia nazionale, "smentiscono - è la dichiarazione di Unioncamere e Symbola - chi descrive la cultura come un settore non strategico e rivolto al passato, e la inquadrano invece come fattore trainante e di rilancio per molta parte dell'economia italiana". I 76 miliardi di euro, infatti, rappresentano il 5,4% della ricchezza prodotta dal Paese, con una percentuale del 5,6% sul totale di occupati in Italia.

Un dato che si riflette anche sulla tenuta occupazionale dell'industria culturale, nonostante la crisi: nel quadriennio 2007-2011, infatti, gli occupati nel settore sono cresciuti dello 0,8% annuo, a fronte della flessione dello 0,4% annuo subita a livello complessivo. L'export di cultura, inoltre, vale oltre 38 miliardi di euro e rappresenta il 10% dell'export complessivo nazionale; l'import è pari a 17,8 miliardi di euro e costituisce il 4,4% del totale.

Analizzando nel dettaglio geografico i dati, infine, si scopre che la "capitale" dell'industria culturale italiana è Arezzo, dove il valore aggiunto della cultura è il più alto d'Italia: l'8,4% del totale prodotto dalla provincia (mentre la media italiana è del 5,4%). Dopo l'Aretino, in seconda posizione a pari merito ci sono le province di Pordenone e Milano con l'8%; terze Pesaro e Urbino e Vicenza col 7,9%; seguono la provincia di Roma con il 7,6%, quella di Treviso al 7,5%, Macerata e Pisa, entrambe al 6,9%, e Verona con il 6,8%.

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