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Dalla pubblicazione del manifesto “Niente Cultura, Niente Sviluppo”, il Sole 24ore  è impegnato in una campagna di sensibilizzazione per indirizzare la politica a fare del patrimonio culturale la leva della ripresa italiana.

Allora vi era il governo Monti e Lorenzo Ornaghi a capo del MiBACT;  nel secondo appuntamento, a novembre 2013, il direttore Roberto Napoletano strappò tre promesse a Enrico Letta e Massimo Bray, che due mesi dopo, prima di cadere, annunciavano l’imminente pubblicazione del  decreto Valore Turismo.  

 

Prima dei prossimi stati generali della cultura in programma a giugno a Milano presso l’auditorium del quotidiano economico, al Salone del Libro, il direttore del Sole 24Ore Napoletano ha discusso con Dario Franceschini, Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, sull’opportunità di mettere il patrimonio culturale al centro della politica economica italiana nel corso dell’incontro “Per una nuova stagione dei beni culturali”; insieme al ministro e al direttore del Sole, Salvatore Settis e Tomaso Montanari, storico dell’arte e docente all’Università Federico II di Napoli.  

 

Settis ammonisce sul fatto che l’abusata espressione “la bellezza ci salverà” è una scusa per sollevarsi dalle responsabilità, in modo da attendere che gli altri, i turisti, vengano a salvarci fotografando il nostro passato. La riforma è più profonda e riguarda la consapevolezza che il patrimonio culturale italiano appartiene a ogni italiano che deve fare ogni sforzo per riappropriarsene perché è strumento di solidarietà sociale e dignità individuale. Più in fretta questo avverrà, più turisti arriveranno.

Per Montanari, cui Napoletano chiede cosa pensi dell’ipotesi di affiancare una leva fiscale per chi investe in cultura, in Italia si pratica una sorta di mecenatismo all’amatriciana ed è contrario alla sponsorizzazione che mercifichi il valore materiale del bene e auspica un mecentasimo puro americano, in cui a quei privati che sostengono un museo non viene concesso altro che legittimazione sociale.

Dario Franceschini, a cui Obama disse che fa il lavoro più bello del mondo e che nell’insediarsi al MiBACT dichiarò di essere a capo del più grande ministero economico italiano, ricorda che l’Italia deve giocare la propria partita globale con il patrimonio storico, museale, culturale, di creatività e intelligenze. Dopo le parole dure della mattinata in cui all’apertura del Salone ha indicato nelle televisioni il colpevole della precipitazione del popolo dei lettori in Italia, Franceschini prega i giornali di raccontare anche delle eccellenze italiane e non solo delle misfatte come il recente servizio di Servizio Pubblico in cui si denunciava il sovraffollamento agli Uffizi e prende come esempio il Museo Egizio a Torino e la città che in dieci anni ha rivoluzionato la propria percezione diventando una destinazione del turismo internazionale. Il ministro è per un mecenatismo alla francese  e suggerisce una convenzione tipo a seconda che si tratti di un sito archeologico, un museo, un quadro per poi andare dalle aziende italiane che saranno defiscalizzate dai loro investimenti nella salvaguardia culturale.

In attesa, ecco il video dell’incontro 

 

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