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L'industria dell'ospitalità italiana avrebbe bisogno di una profonda riflessione e di un serio sviluppo, ma "siamo distratti dall'eternamente uguale" delle notizie estive sempre uguali e inutili


Il turismo italiano è vittima dei luoghi comuni: non tanto nel senso dei soliti posti come Roma e Venezia, quanto dei discorsi e delle notizie sempre uguali, e sempre fuorvianti rispetto a quello che dovrebbe essere il dibattito generale per uno sviluppo autenticamente moderno e ragionato dell'industria dell'ospitalità.
L'accusa arriva da Antonio Preiti, l'economista direttore di Sociometrica, che nel suo blog su Huffington Post non risparmia certo riflessioni e denunce. In questo caso, Preiti punta il dito contro un certo modo di fare informazione turistica, grossolano e distratto: "È un eterno ritorno dell'ovvio, del già detto, e il problema è che i media si bevono l'ovvio come nulla fosse, capaci come sono di fare il titolo anche su ciò che non cambia da sempre" denuncia Preiti.
L'economista cita quindi alcuni esempi recenti, a partire dall'indagine che ha svelato che gli italiani al 71% preferiscono il mare. "Saranno trent'anni, o forse quaranta, anzi è da sempre che in estate gli Italiani preferiscono il mare" afferma l'economista, che poi riferisce dell'altro dato ricorrente quando si avvicinano le vacanze estive: "Altra 'novità' rilanciata sistematicamente ogni anno a giugno e luglio è il numero degli Italiani che 'fa vacanze': il 40 %? Di più o di meno?".
"Hanno in mente l'Italia degli Anni '60 (o prima ancora)" accusa l'economista "quando c'era la piena occupazione, giravano le 500 e, per chi poteva, anche le 600 o addirittura le Lancia, e tutto il paese ad agosto si fermava e gli Italiani, appunto, partivano per le vacanze. Ma oggi, dovrebbero saperlo, esistono i week-end, non esistono più le vacanze di un mese o anche di tre settimane, insomma il mondo è cambiato da tempo. Le 'vacanze' si fanno tutto l'anno, anche se, naturalmente, il 'popolo delle ferie' è costretto a partire ad agosto. Ma che mondo esprime quel dato? Un mondo passato".
Preiti denuncia poi un'altra notizia ricorrente e frutto di scarsa riflessione da parte dei giornalisti: "Altra 'scoperta': solo il 30 % degli italiani sceglie l'albergo. E qui non si capisce se non lo scelgono perché costa troppo, o perché non piace abbastanza. A parte, ancora una volta, che il mondo è cambiato e non c'è "l'albergo", ma una gamma ampia di offerte alberghiere (dai 30 ai 300 euro a notte), non si capisce il senso della statistica. Un po' di conti: se il 40 % o più di Italiani fa vacanze in agosto, si tratta di una popolazione di circa 24 milioni di persone; se decidessero, per pura ipotesi, di andare in vacanza in un albergo italiano per due settimane, come potrebbero farlo, visto che il totale delle camere alberghiere italiane (calcolando non solo le destinazioni propriamente turistiche, ma proprio tutte) supera di poco il milione?".
E a proposito di notizie rilanciate in maniera poco ragionata, Preiti parla poi dell'indagine Coldiretti sui prezzi delle vacanze nei Paesi del Mediterraneo: "Un'altra scoperta' è che le destinazioni balneari italiane sono più care di quelle del Montenegro del 30% e della Turchia del 22%".
"Sembra ovvio che ci sia questa differenza" riflette Preiti "Da quando il Montenegro, famoso piuttosto per notizie di cronaca, è diventato una destinazione turistica pari all'Italia? Perché l'Italia dovrebbe costare come il Montenegro? Davvero non si capisce, eppure i giornali titolano sui prezzi più cari dell'Italia".
Non c'è cultura turistica, è quindi l'accusa dell'economista, che poi cita ancora le classifiche sul "mare più bello d'Italia", classifiche di cui non si comprendono le motivazioni e in cui vengono premiate sempre località esclusive e accessibili a pochi, a scapito delle località balneari più frequentate verso cui certe notizie proiettano ombre di disprezzo.
"È la qualità di massa, la vera frontiera delle vacanze, è l'obiettivo che ci si deve dare" afferma dunque Preiti. L'Italia dovrebbe impegnarsi per "creare destinazioni turistiche accoglienti, regolate quanto si vuole, ma che permettano anche a molti di fare vacanze nel bello e nell'accogliente".
I luoghi comuni dell'informazione turistica, conclude quindi l'economista, "non rendono un buon servizio allo sviluppo, invece necessario, possibile, attuale, della nostra industria dell'ospitalità, una delle nostre speranze per tornare a crescere".
"Avremmo bisogno di capire meglio il fenomeno turistico" è quindi l'amara riflessione finale "Invece parliamo d'altro. Siamo distratti dall'eternamente uguale".

 

Siamo vittime dei luoghi comuni, non c'è niente da fare. Sul turismo poi, non se ne può più. Ne siamo sommersi, invasi, non abbiamo scampo. È un eterno ritorno dell'ovvio, del già detto, e il problema è che i media si bevono l'ovvio come nulla fosse, capaci come sono di fare il titolo anche su ciò che non cambia da sempre.


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