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Fabrizio Lavoro, in arte Nikki, è il volto principale di “Shuffolato”, programma di Deejay Tv che racconta le abitudini e le curiosità delle città europee vissute attraverso lo sguardo dei “locals”, ovvero di chi ci vive. Quella attualmente in onda è la terza stagione di Shuffolato, nel corso della quale Nikki e il suo collega Dj Aladyn hanno visitato Madrid, Bruxelles, Manchester e Liverpool, Glasgow, Oslo, Budapest, Belgrado e Vienna.

Un tour “in ordine sparso”, come indica il nome della trasmissione, un modo originale e fuori dal comune di vivere le diverse realtà europee, come ci spiega lo stesso conduttore.

 

Con "Shuffolato" hai girato l'Europa in lungo e in largo, da Lisbona a Budapest, da Oslo a Belgrado: in questi viaggi qual è l'elemento che più ti ha colpito nel rapporto che i "locals" hanno con il proprio territorio e con chi va a visitarlo? L'ospitalità e il senso di appartenenza a un territorio variano da zona a zona o di fondo c'è un unico sentimento di orgoglio?

 

In generale direi che dipende molto dalle persone che si incontrano e dal tipo di predisposizione che si ha nell'incontrarle. I forestieri curiosi tendono a riattivare le antenne degli autoctoni e allo stesso tempo il bagaglio e la cultura di chi in una città ci vive tutto l'anno rendono infinitamente più ricca l'esperienza di chi ci passa solo qualche giorno.

Io tendo a considerare l'Europa come un'unica regione e non penso che tra la Norvegia e la Spagna ci siano più differenze che tra il Piemonte e la Sicilia. Devo ammettere però che in Paesi come la Polonia e la Serbia, o in generale quelli dell'Est, si avverte un'ospitalità e un senso di appartenza più forte.

 

Parlando di Belgrado, che è la tappa in onda in questi giorni, cosa ti ha maggiormente impressionato nel conoscere la realtà di un territorio che in pochi anni ha reinventato la propria immagine internazionale?

Come prima cosa sicuramente quel mix di dignità e umiltà che penso sia tipica dei popoli con un passato prossimo così drammatico. Poi il loro stupore nel saperci così entusiasti. Non tutti hanno la consapevolezza del fatto che questa città risulti esotica e divertente per noi, e tanti sono convinti che i segni della guerra e la nomea di paese ultra-nazionalista continuino a scoraggiare potenziali viaggiatori, in parte a ragione.

I giovani sono comunque molto abili nel vivere il presente e costruire locali bellissimi sul fiume, nelle vecchie fabbriche e in ex-appartamenti, ed è facile farsi contagiare dall'entusiasmo.

 

Se dovessi indicare qualcosa che vorresti "importare" nella nostra cultura turistica che cosa sarebbe? In altre parole, c'è qualcosa che in Italia ci manca e che all'estero hai riscontrato nell'approccio con i turisti?

Rischio di cadere nel luogo comune ma non posso non dire che siamo un po' disorganizzati: chiudiamo i negozi presto, chiudiamo ad agosto, non parliamo bene l'inglese, nelle nostre città ci sono troppe macchine e sulle nostre spiagge troppa sporcizia.

Se devo scegliere una cosa da importare scelgo la viabilità di città tipo Copenaghen e Amsterdam, bici e mezzi pubblici in abbondanza.

 

Se invece dovessi "esportare" qualcosa del nostro modo di fare turismo, cosa esporteresti? C'è, in pratica, un fattore in cui pensi che l'Italia abbia da insegnare al mondo?

Anche qui scelgo il luogo comune...

Sappiamo fare da mangiare, goderci la vita e farla godere. Quando siamo spalle al muro sappiamo essere creativi e in fondo abbiamo ancora un certo senso estetico.

Insomma, esportiamo buone vibrazioni.

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