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Dopo il vicepresidente Berlendis, intervistato su Destination Magazine, anche il fondatore di Slow Food fa appello all'Expo affinché siano rispettati contadini e pescatori e per un turismo che abbia nel proprio cuore la popolazione


"Dare un'anima all'Expo" dopo il vicepresidente Berlendis, anche il fondatore di Slow Food, Carlo detto Carlin Petrini, identifica nell'anima il compito cruciale dell'Esposizione di Milano che apre il primo maggio.
Dare un'anima, "rispettando i contadini, i pescatori e tutti quelli che sono i veri protagonisti della produzione del cibo, non i supermercati e le multinazionali". L'appello lanciato a Urbino dal fondatore di Slow Food ha trovato tra gli altri l'adesione di don Luigi Ciotti ed Ermanno Olmi.
"Dicono che avremo una grande opportunità con 20 milioni di turisti" ha osservato Petrini, invitato da Vittorio Sgarbi "ma la visione del turismo non deve essere fuori dal tuo luogo, non si deve pensare a chi arriva, ma a chi sta. Il cuore del turismo è la tua popolazione, e se è felice e contenta del suo patrimonio. Il primo elemento del turismo sono la felicità e l'educazione, poi i turisti verranno" ha proseguito Petrini, sulla stessa lunghezza d'onda del suo vicepresidente, da noi interpellato per lo scorso numero di Destination Magazine nell'intervista intitolata appunto "Cibo, anima e futuro".
"Slow Food sarà in Expo insieme a una rete enorme di intelligenze ed esperienze sul campo che interagiscono a livello globale, per cambiare il futuro del pianeta a partire dai progetti di solidarietà, sovranità alimentare e autodeterminazione, quelle forze sociali che per prime hanno connesso indissolubilmente il cibo con i diritti, la democrazia, la legalità" ha dichiarato Lorenzo Berlendis. "Quella rete di associazioni e movimenti internazionali, attivi dentro e fuori Expo, che interrogano scienziati e ricercatori, politici e statisti perché assumano, in un'agenda improrogabile, decisioni ed azioni capaci di invertire la rotta. Questo sì può dare un'anima ad una manifestazione che non vorremmo si riducesse ad un'asettica 'vetrina globale del cibo'".

 

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