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Il mercato turistico cinese ha il maggior tasso di crescita mondiale, ma l’Italia non ne approfitta a dovere. Dal TTG Incontri di Rimini progetti e idee per migliorare le performance in un comparto che vale 100 miliardi di dollari all’anno

 

Puntare sulla crescita dei viaggiatori  cinesi è ormai un obbligo, e chiunque lavori nel turismo pare averlo ormai capito. Nel 2012, stando ai dati diffusi da China Tourism Academy, i turisti cinesi che hanno effettuato viaggi all’estero sono stati 83 milioni, con un aumento del 18% rispetto all’anno precedente. Ancora più forte la crescita della spesa turistica cinese, che è incrementata tra il 2011 e il 2012 del 40%, toccando la ragguardevole cifra di 102 miliardi di dollari per i viaggi oltre confine. E per quest’anno le previsioni parlano di 93.300.000 viaggi di cinesi all’estero: 5-6 milioni solo in Italia.

Un’autentica miniera d’oro per il comparto turistico internazionale. Ma per essere “sfruttata” adeguatamente anche dall’Italia, la risorsa del turismo cinese necessita di formazione, competenza e consapevolezza negli operatori del turismo di casa nostra, in parte ancora fermi ad alcuni pregiudizi sui turisti cinesi che viaggiano al risparmio, in gruppo su torpedoni e a tappe forzate. “È vero che ci sono tour operator di gruppo che vogliono spendere poco, ma sono solo una parte del turismo cinese” ha dichiarato Giancarlo Dall’Ara, consulente e docente di marketing turistico. Dall’Ara ha partecipato come relatore alla conferenza “Come fare marketing in Cina e come accogliere i turisti cinesi” organizzata da Cescot – Confesercenti Emilia Romagna, uno dei diversi appuntamenti sul tema che si sono svolti alla 50ª edizione di TTG Incontri di Rimini che ha chiuso i battenti sabato scorso. “Se non vengono è anche colpa nostra” ha affermato Dall’Ara “Centrale è la questione dei visti: li trattiamo tutti come clandestini, e per avere un visto per visitare l’Italia servono dai 3 ai 6 mesi. Il risultato è che, lo scorso anno, sono stati solo 282.000 i visti concessi dall’Italia. Questo comporta che i flussi si spostino su altre destinazioni”.

Ma non è solo la tipica burocrazia all’italiana a frenare la crescita del turismo di derivazione asiatica nel nostro Paese: a pesare è anche la mancanza di conoscenza e di competenza relativa ai viaggiatori provenienti da Pechino. “Non li conosciamo, non li capiamo, e così raccogliamo solo le briciole” spiega ancora Dall’Ara. “Le proposte di viaggio che abbiamo portato in Cina sono francamente brutte! Offriamo pacchetti che costringono a vedere tutto di corsa in mezza giornata. La maggior parte dei cinesi venuti in Italia è tornata a casa decisamente insoddisfatta”.

Per soddisfarli, invece, bisognerebbe rapportarsi al mercato turistico cinese come a un sistema complesso e articolato, che superi la mera concezione da torpedone e che accolga le esigenze e i bisogni dei viaggiatori. Sempre al TTG Incontri di Rimini è stato presentato “Welcome China”, un progetto di Iscom Emilia Romagna che punta a sviluppare un sistema di certificazione rivolto a tutte le strutture turistiche (hotel, ristoranti, compagnie di crociera, aeroporti, stazioni, agenzie di viaggi, parchi, musei), con validità a livello nazionale, che vogliano accogliere adeguatamente i turisti cinesi. Per avere il marchio di garanzia Welcome China, le strutture dovranno avere personale in grado di parlare il mandarino, il sito internet e tutte le informazioni tradotte, e servizi adeguati e dedicati ai turisti cinesi e alla loro cultura (ad esempio i bollitori per il tè in camera d’albergo).

Per comprendere meglio l’importanza di fornire servizi adeguati, il sito di Welcome China riporta due casi: il primo riguarda l’Associazione degli Hotel Svizzeri, che più di dieci anni fa è stato il primo Ufficio del Turismo Europeo a stabilirsi in Cina. L’associazione di albergatori elvetica ha pubblicato un vademecum dell’accoglienza per i turisti cinesi, “Swiss Hospitality for Chinese Guests”, con notizie culturali e suggerimenti per l’accoglienza. Grazie a quell’investimento, sempre più cinesi visitano le Alpi Svizzere: nel complesso l’affluenza dei turisti cinesi è aumentata del 46%. Il secondo caso riguarda invece l’industria del turismo australiana, che sta investendo considerevolmente per diventare China-friendly. Nelle camere d’albergo in tutta l’Australia le barrette di cioccolato stanno lasciando il posto agli instant noodles. “La prima impressione è fondamentale” afferma Peter Hook di Accor, il gruppo di hotel più grande d’Australia, che ha introdotto in 35 hotel della catena un programma speciale per rendere il servizio e le camere più familiari agli ospiti cinesi. Per farlo hanno utilizzato personale parlante cinese mandarino, hanno introdotto cibo familiare nei loro buffet e installato canali televisivi cinesi. E le prenotazioni da parte dei visitatori in arrivo dalla Cina sono aumentate di quasi il 25% nell’ultimo anno.

In Italia, qualcosa si muove: oltre alle iniziative emerse a Rimini, anche l’aeroporto milanese di Malpensa sembra guardare a questi viaggiatori internazionali: grazie all’accordo con la Fondazione Italia-Cina sarà realizzato il “Chinese friendly airport”: tra i programmi l’incentivazione agli acquisti con supporto madrelingua e la carta sconti “Fascination”, oltre a nuova segnaletica e alla versione in cinese del sito dell’aeroporto.

 

Carolina Mailander

 

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