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In una stagione estiva definita florida dagli operatori del settore a causa dell’aumento del numero di italiani che hanno deciso di restare nel Belpaese per trascorrere le loro vacanze, sarà per la paura di attentati terroristici, sarà per la voglia di scoprire le bellezze di casa nostra, gli alberghi e i villaggi turistici hanno registrato quasi il tutto esaurito.

Un impatto positivo per la nostra economia, con dati sicuramente incoraggianti. Ciò che viene difficile censire è però il cosiddetto turismo delle seconde case, che ogni anno è capace di incrementare in maniera considerevole il numero di abitanti di località costiere e montane. Ci si sposta dal luogo di residenza per recarsi nella seconda casa al mare o in montagna, di proprietà o presa in affitto, per riposo e relax e per far visita ai luoghi di origine, vivendo esperienze considerate autentiche.

Questa forma di turismo sommerso sfugge al classico monitoraggio di arrivi e presenze e la sua ricaduta sui territori ha impatti sia positivi sia negativi. L’incremento della popolazione in un determinato territorio prevede un conseguente aumento di consumi, come l’acquisto di generi alimentari, di abbigliamento, pranzi e cene ai ristoranti e tutti quei beni che non sono considerati prettamente turistici ma che in un settore trasversale come il turismo sono considerati di prima necessità. Determinati consumi sono indicatori che permettono di definire questa tipologia di turismo un toccasana per l’economia dei territori. Il rovescio della medaglia è però l’impatto negativo che il turismo delle seconde case ha sull’ambiente: il paesaggio viene molto spesso deturpato dalla presenza di un numero considerevole di edifici oltre al superamento dei limiti della capacità di carico di un territorio. Regolamentare questo turismo sommerso porterebbe dei grossi vantaggi per lo sviluppo dei territori coinvolti. Ad oggi è un fenomeno autogestito, impossibile da misurare e soprattutto poco considerato dai canali ufficiali. Trovare dei metodi per registrare gli arrivi e le presenze nelle seconde case, monitorare i consumi e quantificare l’indotto del turismo sommerso potrebbe essere la soluzione per considerarlo una risorsa che porta a una crescita più consapevole dei territori coinvolti.

Molte zone considerate turisticamente poco sviluppate, almeno a vedere i dati ufficiali, si rivelerebbero invece delle località che hanno una forte vocazione turistica, poiché vivono di un turismo che non si vede formalmente, ma che ha un forte impatto non solo sull’economia dei territori ma anche sul tessuto sociale, dal momento che si instaurano delle relazioni umane che vanno al di là del puro interesse economico.

 

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