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“Ti ho preparato la spremuta. Siediti fai colazione con calma. Oggi non hai fretta”

È iniziata così la nostra quarantena.

Io e mio padre di solito non ci incrociamo mai la mattina: io preferisco dormire fino all’ultimo, lui ha una sveglia che suona troppo presto per i miei ritmi. Di solito non ci incrociamo mai nemmeno di sera, io ho sempre troppi impegni, o troppe scuse, lui la sua vita. Così raramente nell’ultimo periodo ci capitava di incrociarci. Per casa.

Ma in questi giorni abbiamo dovuto fare i conti con ritmi e impegni differenti. In questi giorni abbiamo dovuto fare i conti con il fatto che fuori non potevamo stare ed eravamo costretti e rinchiusi in casa. Che c’eravamo solo io e lui. Un po’ come sempre ma un po’ più vicini.

Inizialmente non è stato semplice gestire due smartworking nello stesso luogo, io ho capito di aver voglia di un caffè sempre mentre lui era in call, lui di voler azionare il trapano per aggiustare quella lampada proprio mentre in call ero io, ma dopo qualche giorno di coordinamento siamo riusciti a far funzionare il sistema e soprattutto a smettere di correre e a fermarci su quei dettagli che avevamo dimenticato.

E se le giornate passano, tra riunioni telefoniche e email, la parte più bella arriva la sera, quando prepariamo la cena.

Io e mio padre, quando ero bambina, facevamo milioni di cose insieme. Poi, crescendo, ci siamo un po’ persi.
Io volevo vivere in pieno i miei anni, lui riprendersi quella felicità di cui era stato privato.
Mi ha cresciuta da solo pensando sempre alla mia libertà, di fare, di crescere, di scegliere e di sbagliare.
Un anno mi ha messo su un aereo per un posto sperduto (il Nepal) regalandomi la possibilità di essere felice come non mai.

Così ora, la sera, quando prepariamo la cena insieme, io condivido con lui la mia passione per i gusti orientali mentre lui taglia le verdure. Non parliamo molto, ma in silenzio condividiamo e recuperiamo qualcosa che forse avevamo solo dimenticato.

Nonostante sia un periodo difficile, in cui il futuro sembra incerto, dentro le nostre case possiamo riprenderci il tempo. Senza avere fretta di andare da qualche parte. Senza dover correre.

E così, avendo più tempo, ho pensato e riflettuto: casa non è dove sei.

 

Casa è quella persona che ti abbraccia e che ti accetta sempre, che nonostante i tuoi 27 anni sopporta la tua incompiuta adolescenza, casa è chi ti lascia andare e ti aspetta. Casa è quel porto sicuro, quando la notte è buia e odi il mondo. Casa è quella persona che prepara sempre anche per te la spremuta d'arancia perché
“la vitamina C ti fa bene”.

 

 

Casa: (da Dizionario Treccani) edificio in cui convivono o sono accolte, per limitati periodi di tempo e per motivi particolari, determinate categorie di persone.

 

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