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Tutto ebbe inizio nel 2001, con la celebre riforma del Titolo V della Costituzione varata dal governo di centrosinistra e ratificata dal referendum del 7 ottobre. In sostanza (qui i dettagli giuridici), quella riforma attribuì alle Regioni, togliendolo allo Stato, il ruolo di promozione del turismo.


Da allora, chiunque conosca questo settore avrà sicuramente sentito infinite volte le proteste, le lamentele e a volte anche gli improperi di albergatori, operatori e di tutti i professionisti del turismo italiano. In un sistema frammentato come il nostro, dove ci sono migliaia di enti che "fanno di testa propria" e "pensano solo al proprio orticello", per usare le critiche più ricorrenti; nel paese dei mille campanili, e del piccolo comune che cerca di attirare turisti cinesi da solo, la frammentazione non solo non aiuta ma "affossa" le opportunità che dovrebbero essere almeno doppie rispetto ad altri paesi, grazie al nostro sterminato patrimonio. Perché in Francia, per esempio, hanno un sistema regionale di promozione turistica completamente differente, che a differenza dell'Italia conduce indagini campionarie sull’occupazione degli esercizi ricettivi e che dà i suoi frutti; ma da noi è tutta un'altra storia. Basti pensare che la Francia negli ultimi anni continua a posizionarsi al primo posto come destinazione mondiale per numero di arrivi di turisti dall’estero (nel 2011 circa 82 milioni di turisti hanno visitato la Francia). Il turismo francese, nonostante sia prevalentemente di tipo domestico – quasi il 75% dei francesi ogni anno effettua viaggi nei propri confini nazionali – ha inoltre mantenuto negli ultimi anni un costante interesse anche per i viaggi verso l’estero, compresi i Dipartimenti francesi d’oltremare.
Tornando all'Italia, anni di proteste e critiche provenienti dal settore paiono quindi aver sortito qualche effetto, tanto che il ministro per gli Affari Regionali, Graziano Delrio, ha sostenuto la necessità di una controriforma che sottragga alle Regioni la competenza esclusiva in ambito turistico. Bene, bravo, bis? Consenso unanime? Macché.
Ancora il governo non ha avviato un percorso di riforma, che già si levano voci contrarie. Come quella di Angelo Berlangieri, assessore al Turismo della Liguria. Secondo Berlangieri, in caso di controriforma del titolo V si "rischia di creare confusione in un comparto che invece oggi ha bisogno di sinergie, di coordinamento, lavoro comune con le Regioni e la buona volontà delle persone sul territorio che lavorano. Diversamente, rivedere tutto l'assetto legislativo e normativo delle Regioni italiane, significherebbe rimandare la riorganizzazione del turismo di molti decenni". Ragion per cui "le Regioni italiane concordano nello stringere un rapporto di collaborazione e cooperazione per le scelte politiche e strategiche e promozionali molto stretto con il governo e anche su una regia unica per i mercati turistici internazionali di lungo raggio, ma lasciamo loro le competenze esclusive". In breve, lasciate fare a noi Regioni.
Ora non vorremmo essere nei panni del ministro, e comprendiamo benissimo il punto di vista di Berlangieri. Ma dopo anni di proteste quotidiane, se la reazione al tentativo di accoglierle è questa, fossimo al posto di Delrio ci sentiremmo di rispondere qualcosa come: "Mettetevi d'accordo e poi fateci sapere, grazie".

 

Marcella Laterza - Mailander

 

 

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